Fabio Mauri – Un Sognatore della Ragione – Castello di Miramare – Trieste

Fabio Mauri – Un Sognatore della Ragione – Castello di Miramare – Trieste
Dal 3 dicembre 2010 al 27 febbraio 2011

TRIESTE DAL 3 DICEMBRE 2010 AL 27 FEBBRAIO 2011 ALLE SCUDERIE DEL CASTELLO DI MIRAMARE
LA MOSTRA FABIO MAURI. Un sognatore della ragione
 
L’esposizione presenta 9 grandi installazioni, tra le più importanti mai realizzate dall’artista romano, come Linguaggio è guerra del 1975, I numeri malefici del 1978, Cina ASIA Nuova del 1996 e Rebibbia del 2006.

Dal 3 dicembre 2010 al 27 febbraio 2011, alle Scuderie del Castello di Miramare di Trieste si tiene la mostra, in omaggio a Fabio Mauri (1926-2009), “Un sognatore della ragione” che presenta una serie di grandi installazioni, tra cui opere storiche quali Linguaggio è guerra del 1975, I numeri malefici del 1978, oltre alla più recenti Cina ASIA Nuova, 1996 e Rebibbia del 2006.

L’iniziativa, curata da Roberto Alberton e Studio Fabio Mauri (associazione per l’arte Esperimento del mondo), organizzata da Tadino Arte Contemporanea in collaborazione con la Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia, è parte del progetto “Dalla Metafisica all’Arte” che, fino al 27 febbraio 2011, vedrà le Scuderie del Castello di Miramare ospitare anche l’esposizione che racconta il percorso creativo di Giorgio de Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978).

L’esposizione riveste un grande significato simbolico, tenendosi nella città in cui si trovava la Risiera di San Sabba, un lager nazista, l’unico in Italia ad avere un forno crematorio, utilizzato per il transito, la detenzione e l’eliminazione di un gran numero di detenuti, prevalentemente prigionieri politici.

La giovinezza di Mauri, infatti, è stata profondamente segnata dalle vicende del Fascismo e della seconda guerra mondiale, in un paese dilaniato, dove molti amici e compagni scomparvero nel gorgo del conflitto e dei campi di sterminio.

Tutta la poetica di Mauri, di altissimo valore etico ed estetico, si muove come in un flusso ininterrotto di immagini che dallo “schermo” della storia avvolgono lo spettatore. Non a caso le prime opere di Mauri, verso la fine degli anni Cinquanta, sono tele monocrome, per lo più bianche, a volte increspate, chiamate appunto Schermi. Lo “schermo” non è la ricerca di uno spazio pittorico puro nel quale lasciare la propria impronta, ma è inteso come una scatola magica, una sorta di monitor della storia.

Per Mauri, nei primi anni Cinquanta, la “Storia” è quella della seconda guerra mondiale, ancora presente e attuale in lui, tragica parafrasi dell’esistere, da cui trarre grandiose immagini, come il famoso Muro occidentale o del Pianto, una delle sue opere più importanti e conosciute, composto da un gran numero di valigie e bauli degli anni Trenta e Quaranta, che recano etichette di viaggi, hotel, proprietari, memorie di vite passate che riacquistano una drammatica presenza.

O come il “muro” di moderne valigie di metallo costruite in Asia, che nell’opera Cina ASIA Nuova serve da  schermo per riproporre i fatti di Piazza Tienanmen a Pechino e le successive esecuzioni. O ancora, Rebibbia, grande cassettiera del vecchio carcere di Rebibbia a Roma in cui venivano custoditi gli oggetti personali di chi entrava in carcere, su cui Mauri proietta un filmato, come se la storia prendesse nuovamente corpo e forma.

Come diceva lo stesso Mauri, “Che cosa è l’arte non lo so dire, ma che cos’è un’opera d’arte sì. È un luogo d’identità. È il luogo d’identità per eccellenza, è la storia entro la quale si colloca il nostro esistere e dunque l’opera si ha nel momento in cui la storia e il nostro esistere prendono corpo e sostanza in un’immagine, anzi in un “fermo immagine”, che contestualizza l’essere e la storia”.

Informazioni:
tadino arte contemporanea
tel. 02 36568821