Brera incontra il Pushkin – Pinacoteca di Brera – Milano

Brera incontra il Pushkin – Pinacoteca di Brera
dall’ 11 novembre 2011 al 5 febbraio 2012

Dall’ 11 novembre 2011, nell’anno degli scambi culturali Italia-Russia, Brera ospita grandi capolavori dalle collezioni Schukin e Morozov – Brera incontra il Pushkin – Collezionismo russo tra Renoir e Matisse

Dall’ 11 novembre 2011 al 5 febbraio 2012 alla Pinacoteca di Brera una eccezionale sequenza di capolavori di Cézanne, Gauguin, Monet, Matisse, Renoir, Picasso, Rousseau e Van Gogh dalle collezioni del Museo Pushkin di Mosca celebra lo straordinario incontro di due grandi musei del XIX secolo in occasione dell’Anno della Cultura Italia-Russia.

L’esposizione promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Museo Pushkin e la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Lombardia Occidentale, è curata da Caterina Bon Valsassina, Sandrina Bandera e Irina Antonova ed è in reciprocità della mostra su Caravaggio che lo Stato Italiano presenterà al Puskin da dicembre 2011: come per le opere di Caravaggio è una mostra dei record, con diciassette dipinti assicurati per quasi un miliardo di dollari.

Agli albori del Novecento due collezionisti russi, commercianti di tessuti, Sergei Schuckin e Ivan Morozov diventano con la loro passione per l’arte, testimoni di tutte quelle novità e stimoli che hanno caratterizzato l’Europa a cavallo dei due secoli: le esposizioni universali, l’affermazione della fotografia, la pittura en plein air, i Salon e i caffè parigini, lo studio della forma estrema e del colore puro.

Grandi mercanti e viaggiatori, i collezionisti Schukin e Morozov, in anni diversi, divennero i migliori clienti delle più importanti gallerie di Parigi, come Druet, Durand-Ruel, Kahnweiler, Vollard. In mostra una delle migliori opere della seconda fase cubista di Picasso, Ritratto di Ambroise Vollard, che Ivan Morozov acquistò probabilmente perché conosceva da vicino questo marchand, di certo non per una particolare sensibilità nei confronti del cubismo.

Lo stesso Vollard che definì Morozov "un russo che non contratta!" non perché agisse affrettatamente ma piuttosto con slancio e passione. "Arrivati a Parigi scendevano dal treno ed erano già nelle botteghe, davanti ai loro occhi sfilavano tele come episodi di un film, tornavano a Mosca senza aver visto altro". (Felix Féneon – direttore della Galleria Bernheim-Jeune)

Amici personali di molti artisti, acquistavano quadri che non interessavano né i collezionisti né i musei, seguendo ognuno i propri gusti e la propria indole. "Quando Morozov si recava da Ambroise Vollard – racconta Matisse – diceva: ‘Voglio vedere un bellissimo Cézanne’.

Schukin invece chiedeva che gli mostrassero tutti i Cézanne che erano in vendita e faceva lui la sua scelta". Come tutti i grandi mecenati non si limitarono solo ad acquistare ma arrivarono a sentire l’esigenza di commissionare quadri per essere ancor più partecipi nel grande gioco dell’arte. Schukin era diventato patron di Matisse, con ben 37 quadri del pittore nella sua collezione, e l’unione tra l’artista e il collezionista fu la condizione delle comparsa di molte opere eccezionali.

 Il formarsi del gusto del collezionista venne determinato certamente dalla sua attenzione per l’arte contemporanea ma svolse un ruolo importante lo stretto contatto con Matisse, che a sua volta divenne l’artista più "schukiniano" di tutti, ne sono un esempio i famosissimi Pesci rossi in mostra, dipinto nel 1912 subito dopo un soggiorno a Mosca. Nella casa moscovita di Schukin le tele di Matisse erano esposte nel salone centrale secondo la disposizione decisa dallo stesso artista.

La vasta collezione schukuniana dei Picasso, oltre cinquanta tele, era costituita per lo più da opere del periodo cubista, in mostra un capolavoro assoluto, La Regina Isabeau. A presentare Picasso al patron russo fu lo stesso Matisse che condusse Schukin a casa del pittore, al Bateau-Lavoir, nel settembre 1908.

Fernande Olivier, allora compagna di Picasso, nelle sue memorie descrive Schukin come "un uomo di bassa statura, palliduccio, con una gran testa e un volto simile a quello di un maiale. La forte balbuzie lo faceva soffrire, faticava a spiegarsi (.) Acquistò due tele pagando somme di denaro molto grosse e da quel momento divenne cliente affezionato". La descrizione è probabilmente legata alla caricatura schizzata da Picasso, in cui Schukin è presentato in sembianze di porco.

Il tono caricaturale viene motivato da alcuni studiosi con le speranze, allora deluse dell’artista, che il collezionista moscovita acquistasse un numero maggiore di suoi quadri. La delusione molto presto svanì e i due strinsero un rapporto fortissimo "Parlando di Picasso, Scukin non diceva che i suoi lavori gli suscitassero entusiasmo o che fosse il migliore di tutti, no, diceva che Picasso si era impossessato di lui, proprio come un’ipnosi o un sortilegio". (Nikolai Preobrazenkij)

I successi più straordinari delc ollezionismo dei due mercanti sono legati ad alcuni quadri in particolare: lo splendido Boulevard des Capucinnes di Monet, che segnò la svolta nel 1907 per Ivan Morozov che d’ora in poi avrebbe agito tanto in grande da superare talvolta lo stesso Schukin. Ivan Morozov spendeva negli acquisti di dipinti francesi da 200 a 300 mila franchi all’anno, che equivalgono ai nostri 750 mila euro/un milione e 125 mila euro, e in quindici anni riuscì a raccogliere oltre duecento opere attraverso le quali è possibile leggere l’evoluzione della pittura francese moderna.

E poi ancora, i tre Cézanne Pierrot e Arlecchino, Acquedotto, acquistati nel 1904 da Schukin – il primo in Russia ad avere un Cézanne – e il Ponte sulla Marna a Creteil scelto da Morozov nella Galleria Vollard nel 1911. E Ehaiha Ohipa, altro capolavoro della sensuale ed esotica pittura del periodo tahitiano di Gauguin acquistato da Morozov nel 1907, e la Vista del ponte Sèvres del Doganiere Rousseau mai finora esposto in Italia.

A Brera ad essere raccontata, per capolavori, è quindi la storia eterna della fascinazione dell’arte, delle passioni, dell’emozione che l’opera d’arte – quando è veramente tale – sa dare a chi la crea, a chi l’acquista e a chi, semplicemente, l’ammira.