Guido Gosta – Corpi Strappati e altre lacerazioni – Spazio Bquadro – Palermo

Guido Gosta – Corpi Strappati e altre lacerazioni – Spazio Bquadro – Palermo
dal 17 aprile al 4 maggio 2013

Corpi Strappati e altre lacerazioni… – fotografie e tecnica mista di Guido Gosta – a cura di Marco Pomara – dal 17 aprile al 04 maggio – Spazio Bquadro (Centro Culturale Biotos – via XII gennaio 2 – Palermo)

Il progetto…
La personale di Guido Gosta, curata da Marco Pomara, è un percorso espositivo rievocativo ed emozionante tra tele impresse da colori ed acidi, ma soprattutto da ricordi fatui.

La mostra, che s’inaugura mercoledì 17 aprile alle ore 19.00 presso lo Spazio ßquadro del Centro Culturale Biotos, sarà visitabile gratuitamente tutti i giorni dalle ore 17.00 alle 20.00 (su appuntamento nei giorni festivi, lunedì e mattine).

Una nuova mostra di Guido Gosta, un evento che non ci è possibile classificare, né come fotografico, né pittorico, né altro di convenzionale o conosciuto.

I lavori di Guido Gosta non sono nulla e sono tutto, ma fra tutto certamente più di ogni altra cosa sono poesia, una poesia che non vuole essere nè garbata nè interessata, né accomodante.

Una poesia diretta…, qualcosa di nuovo. Un cancro dell’anima. Immagini malate con vistose alterazioni, come lebbra, come cancro. Ma c’è qualcosa di insolito che inquieta, questo cancro non appartiene a questi corpi rappresentati, egli è sopra di essi e si avverte un movimento inconsueto nella comunicazione tra fotografo e soggetto.

Qui non è la luce a colpire il soggetto e poi rimbalzare verso l’obiettivo, al contrario si sente che qualcosa si muove preponderante dal fotografo verso un soggetto ignaro…  E’ un cancro dell’anima che colpisce e lacera un corpo quasi inebetito dalla sua stessa bellezza.

E si avverte in ogni immagine che l’obiettivo non riceve, non “prende” la fotografia, ma spara con inaudita e crudele violenza. Il poeta del disordine emotivo – Fotografare come Guido Gosta certamente richiede una discreta dose di scissione emotiva.

Se da un lato infatti emergono costruzioni geometriche accademiche, composizioni attente, un impeccabile utilizzo di luci ed ombre, l’utilizzo di apparecchiature di medio formato o a banco ottico ed illuminazione curata in studio, sempre sapientemente calibrata, poi, successivamente, irrompe un’orda distruttrice che attacca tanta perfezione, tanta precisione e tanta cura.

E’ l’intervento inconscio della creatività che si ribella al sapere, che maltratta e violenta architetture tanto sapientemente e tanto pazientemente costruite per lasciare solo un senso di lacerazione e di erosione.

Un primo tempo, dietro l’apparecchio fotografico, come a voler dimostrare la perfetta conoscenza di tutte le regole del gioco e poi, dopo aver realizzato un buon esercizio di stile, accorgersi che solo l’emotività e la suggestione appartengono alla vera arte.

Le immagini che ci propone Guido Gosta, contengono qualcosa di profondamente insano, che non è malattia, ma il faticoso percorso della trasgressione che può vivere solo assecondata dalla perfetta conoscenza del sapere e dalla piena coscienza di quanto pesino le regole..

Non solo quindi elogio dell’imperfezione e dell’imprecisione, queste immagini sono da vedere dal vero, per coglierne l’energia,  da toccare per sentirsi irradiare d’emozione…
… Da non perdere.

Sineddoche e metonimie Ad un primo impatto questi "Strappi" di Guido Gosta si avvertono principalmente emotivi e spingono chi osserva a porre in contrapposizione forma e contenuto, corpo ed anima, presenza ed assenza.

Dopo il tempo necessario, scandito dall’autore, si evince che non traspare alcuna anima, bensì un inquietante vuoto che rapisce l’osservatore. Il vero realismo che traspare, è quello fra il dentro ed il fuori del fotogramma. Queste  immagini sono sineddoche, metonimie,  ogni dettaglio messo in luce ci parla di qualcosa nascosto in ombra, ogni evidenza a fuoco ci richiama un’evidenza sfumata, ogni corpo presente è in stretto rapporto con qualcosa che si avverte lì, fuori dal fotogramma, ma che fa parte integrante di esso.

Vi è sempre un richiamo fuori dai bordi, come la presenza preponderante del fotografo in "Nudo di bambina", come nei bordi marcati della pellicola che ci parlano d’altro fuori dalle righe. E il rapporto tra il fuori e il dentro è sottolineato anche dall’insofferenza dell’autore per i bordi netti, che volutamente rompe ed irrompe con presenze/assenze tanto simboliche quanto ingombranti. Attraverso questa frastagliatura si instaura quella comunicazione che fa di ognuno di questi lavori una “rosa purpurea del Cairo”.

Presentazione delle opere.

"Strappi, evocazioni antiche, dolorose, quaderni di prima elementare, disubbidienza alle regole,  persone care che non ci sono più.
Non sono propriamente una tecnica né esiti di un percorso artistico.

Le parti di emulsione che mancano simulano così l’intervento del tempo; l’assenza (che presuppone sempre una presenza) rappresenta una soglia da oltrepassare con fatica, un varco per l’anima, un passaggio doloroso per addentrarsi nel vuoto e nel ricordo.
I miei strappi sono un impulso irrefrenabile che mi accompagna da tempo, più precisamente gli esiti di una mia personale esigenza interiore.

Aggressione come è stata definita, irriverenza nei confronti delle immagini, bisogno di non considerare mai un immagine come qualcosa di definitivo e necessità di eseguire sempre un ulteriore intervento, qualcosa che viene da lontano, credo dalla mano di bambino che parte involontaria a disegnare baffi ed occhialini sulle figure del libro di lettura o del sussidiario.

E non ho mai smesso di essere irriverente con le immagini, mie o di altri, con l’aiuto di tutti gli strumenti (di tortura) che conosco, forno e freezer, fiamma, abrasioni, lacerazioni, acidi , funghi, muffe. Con l’arrivo del digitale poi, ho scoperto il piacere di pasticciare con le mani negli inchiostri freschi, mescolandoli e plasmandoli in tutti i modi possibili.Questi interventi introducono nel procedimento un’innumerevole serie di varianti che determinano l’impossibilità di controllo dell’intero procedimento. Il risultato è unico perché dipende da una serie di successive casualità in cui l’esperienza manipolatoria può solo garantirne una base operativa costante.

Di fatto il procedimento è essenzialmente alchemico e, in quanto tale, tutte le valutazioni connesse sono da relazionarsi al risultato che si intende perseguire ed al personale senso estetico. Ma il legame con il procedimento è doppio: da un lato cerchi di utilizzare l’esperienza per codificare il processo e spingere il risultato nella direzione insita all’immagine di partenza, dall’altro è l’estrema casualità ad imbrigliarti in percorsi improbabili. Comunque persiste un aspetto essenzialmente anche fotografico, e non perchè sono fotogrammi i punti di partenza. Dopo i vari interventi perpetrati su questi bellissimi corpi, l’immagine si deteriora fino alla morte, fino quasi alla scomparsa totale di qualunque cosa di riconoscibile, ed in questo percorso c’è un momento in cui si determina un perfetto equilibrio tra il comprensibile e l’irriconoscibile.

Fermare questo momento, cogliere l’attimo, bloccare l’azione del tempo,  cogliere il passaggio tra  la malattia e la morte, è azione essenzialmente fotografica, come in “Nick’s movie” di Wim Wenders e Nicholas Ray. Conservo gelosamente in una scatola di legno i resti di queste immagini fermate prima della sopraffazione, e per me suonano un pò come un album di famiglia riscoperto trent’anni dopo.

Aggressioni operate su inchiostri freschi rimescolati e plasmati in tutti i modi possibili: non pittura, non più mera fotografia, ma procedimento alchemico il cui risultato è sempre unico e irripetibile. In questo percorso erosivo della bellezza l’occhio fotografico ferma l’equilibrio tra il comprensibile e l’irriconoscibile facendo così ritorno a ciò che è l’essenza della fotografia.". Guido Gosta

Corpi Strappati
e altre lacerazioni…
fotografie e tecnica mista di Guido Gosta
a cura di Marco Pomara
dal 17 aprile al 04 maggio
Spazio Bquadro
(Centro Culturale Biotos – via XII gennaio 2 – Palermo)