Tra Dante e Shakespeare. IL MITO DI VERONA – Galleria d’Arte Moderna A.Forti – Museo di Castevecchio e altre sedi – Verona

Tra Dante e Shakespeare. IL MITO DI VERONA
Verona, Galleria d’Arte Moderna A. Forti, Museo di Castelvecchio, altre sedi

26 aprile – 3 ottobre 2021

Mostra a cura di Francesca Rossi, Tiziana Franco, Fausta Piccoli.

La mostra “Tra Dante e Shakespeare. Il mito di Verona” proposta dal 26 aprile al 3 ottobre alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti è il nucleo centrale della più ampia mostra diffusa “Dante a Verona” che si dipana nel cuore storico della città che per Dante fu «lo primo… refugio e ’l primo ostello». Qui il Poeta giunse nel 1303, beneficiando della «cortesia del gran Lombardo», Bartolomeo della Scala e vi tornò altre due volte, ospite di Cangrande, cui Dante fu legatissimo, tanto da dedicargli la terza cantica della Commedia.

Nelle sei ampie sezioni espositive sarà presentata una significativa selezione di opere d’arte e testimonianze storiche per approfondire, in un arco temporale ideale dal Trecento all’Ottocento, due precisi fulcri tematici. Il primo è il rapporto tra Dante e la Verona di Cangrande e il successivo revival ottocentesco di un medioevo ideale; il secondo, strettamente connesso al precedente e tutto scaligero, è il mito shakespeariano di Giulietta e Romeo. Su entrambi si fonda ancor oggi la fisionomia urbana e culturale di Verona e si alimenta il suo mito.

Il rapporto tra Dante, Verona e il territorio veneto nel primo Trecento porta a ripercorrere la cultura figurativa scaligera nel grande snodo della rivoluzione giottesca; il profondo vincolo che unì Dante e Cangrande si concentra su testimonianze legate alla figura dello Scaligero, allargandosi a cogliere il contesto storico-culturale in cui il Poeta visse negli anni dell’esilio e della creazione del suo Poema. Un’importante selezione di testi decorati della Commedia, manoscritti e a stampa, editi e inediti, traghetta quindi i visitatori dall’epoca di Dante alla fine del Settecento, attestando la costante attenzione che in particolare Verona e il Veneto rivolsero al Poeta e alla sua Opera, fungendo al contempo da cerniera significante tra i due fulcri tematici.

È l’esaltante riscoperta del mito di Dante nella stagione del Romanticismo – incarnazione sia dei nascenti ideali risorgimentali sia del tormento creativo dell’intellettuale esiliato – ad aprire il secondo nucleo della mostra con le testimonianze della fortuna iconografica di Dante e dei suoi personaggi, e la particolare attenzione alle tragiche vicende di Paolo e Francesca, di Pia dei Tolomei e del conte Ugolino e dei suoi figli.

Un altro amore intenso e sfortunato quanto il loro, fu quello di Giulietta e Romeo, cantato da Luigi da Porto nel Cinquecento e reso celebre da William Shakespeare.

Entrambi fondamentali per cogliere il costituirsi dell’identità della Verona ottocentesca, che si nutrì in parallelo della presenza storicamente fondata di Dante alla corte di Cangrande e di quella immaginaria dei due sfortunati amanti, creati nella cornice di un Trecento cortese.
La mostra si lega intimamente al percorso di visita nella “mostra diffusa” che è la città stessa, nei monumenti e nelle testimonianze urbanistiche e architettoniche legate alla memoria di Dante e di Romeo e Giulietta.

Il visitatore uscito dalla GAM viene quindi invitato a ripercorre, munito di una apposita mappa, i luoghi trecenteschi di Verona, quelli legati ai soggiorni scaligeri del Poeta. Scoprendo così, in una successione spazio-temporale immaginaria e circolare, ambienti di grande suggestione come la chiesa di Sant’Elena e il Vescovado, la Biblioteca Capitolare, il Palazzo del Capitanio, quello della Provincia e della Prefettura, Piazza dei Signori, le Arche Scaligere, la chiesa di San Fermo

Tappa conclusiva il Museo di Castelvecchio, custode della statua equestre di Cangrande. Qui, in Sala Boggian, l’Inferno dantesco rivive nelle potenti immagini dell’americano Michael Mazur (1935-2009). Un ricco nucleo di incisioni donate dall’artista alla città di Verona, sarà esposto per la prima volta a vent’anni di distanza dalla prima esposizione al Castello scaligero.


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