Marche Centro d’Arte

Marche

Roberto Cicchinè
Armando Fanelli
Niba
Ivana Spinelli
 
in
Marche Centro d′Arte
                                  
testo e cura
Cristina Petrelli
 
L′inaugurazione si terrà domenica 17 gennaio alle 18:00
La mostra termina il 14 febbraio
La Galleria Marconi è aperta tutti giorni dalle 16.00 alle 20.00, esclusa la domenica
 
 
La Galleria Marconi di Cupra Marittima riprende la programmazione della rassegna Non lo so e non lo voglio sapere. Domenica 17 gennaio alle 18.00, infatti, si inaugura il primo appuntamento di Marche Centro d′Arte, mini ciclo di tre mostre dedicato ai fermenti artistici marchigiani, che viene riproposto dopo il successo dello scorso anno
La curatrice Cristina Petrelli presenta il lavoro di Roberto Cicchinè, Armando Fanelli, Niba e Ivana Spinelli, quattro artisti che utilizzando linguaggi diversi danno il senso della situazione dell′arte nel nostro territorio.
″Distanziarsi dal momento presente per rileggere il vissuto. Un procedere che non segue una successione lineare, ma percorre strade anomale dove il prima e il dopo si trovano ad esistere nel medesimo istante.
Negli scatti fotografici di Roberto Cicchinè la memoria individuale partecipa alle scelte collettive, cristallizzandosi nel simbolo. L′inevitabile dissolvimento diventa indizio dell′attraversamento necessario che predispone al nuovo.
Nel video Armando Fanelli traccia una mappa emotiva in cui l′infinita complessità dei rapporti umani si rende percepibile attraverso il confine poroso dell′epidermide, un processo che continua nelle foto, dove ciò che normalmente resta celato viene prepotentemente esibito.
Nelle sculture di Niba rimane solo la forma del corpo femminile imprigionato in aderenti tute di latex. Il riflesso acquista consistenza nel gioco simmetrico della duplicazione, celebrando il carattere effimero dell′apparenza.
Nell′installazione di Ivana Spinelli oggetti della vita domestica si susseguono l′uno dopo l′altro. L′uso dell′inchiostro nero sul bianco dello sfondo assegna all′immagine un′esistenza incerta, in bilico tra affermazione e scomparsa.
Il percorso tracciato dagli artisti, mediante i lavori esposti, consolida l′intuizione che in ogni esperienza individuale si stratifichi non tanto quello che si desidera ricordare quanto tutto ciò con cui si viene a contatto in modo del tutto involontario. Emerge incontrastato il fluire del tempo, l′eterno divenire dell′esistenza″. – Cristina Petrelli –
Non lo so e non lo voglio sapere non è solo una risposta, è anche una provocazione, un atteggiamento e in fondo una forma di agnosticismo, che nel caso dell′arte potremmo definire culturale. È un modo per affrontare i grandi quesiti dell′umanità: da dove veniamo? Dove andiamo? Perché il dolore? Perché le patate al forno sono sempre troppo poche?
Una risposta spesso comoda, a volte sconvolgente, che esprime una volontà di ignoranza che è molto lontana dall′affermazione socratica che il vero saggio è colui che sa di non sapere. Non c′è nessuna tensione alla conoscenza, nessuna curiosità, solo distacco e indifferenza.
Spesso davanti a una proposta di tipo artistico questa frase arriva e fa un po′ male. Chi la adotta può sembrare un po′ fuori dal tempo, ma in verità spesso appartiene a una maggioranza, nemmeno troppo silenziosa.
Sarebbe legittimo adesso rispondere alla domanda: perché intitolare in questa maniera una rassegna di mostre?
La risposta in fondo è già nel titolo
 
Marconi Gallery of Cupra Marittima  starts again the exhibitions named I don′t know and I don′t want to know it. On Sunday the 17th January at 6 p.m. the first appointment of Marche Centro d′Arte – Marche centre of art – is opening, It is a small series of three expositions dedicated to the Marche art  turmoils, that  is proposed again after the success of  last year.
The curator Cristina Petrelli presents the works of Roberto Cicchiné, Armando Fanelli, Niba and Ivana Spinelli. They are four artists who,  using different art languages, give the idea of  the art situations in our area.
″Take a distance from the present moment in order to reinterpret one′s background.A kind of progress which doesn′t follow a clear sequence, but goes along irregular paths where what′s  before and after are together in the same moment. In Roberto Cicchiné shots, his personal memory takes part  at the collettive choises, while crystallizing in the symbol.
The unavoidable dissolution becomes a sign of the necessary crossing, that prepare to what′s new.
In his video Armando Fanelli outlines an emotional map, where the great complexity of human relationships can be perceived throughout the porous border of the skin,.It′s a process which continues in the photos, where what′s usually hidden is overbearingly showed off.
In Niba sculptures, there is only the form of the female body, kept  inside close-fitting latex clothings. The reflection gets real through the symmetrical game of duplication, celebrating the fleeting aspect of appearing.
In Ivana Spinelli installation, objects of domestic life pass one after the other. The use of black ink on the white background gives to the image an uncertain existence, between its appearing and disappearing.
The path traced by the artists, through the exposed works, confirms the idea that in every individual experience,  all that we get in touch with accidentally is really absorbed, more than what we would like to remember. The flow of time, the neverending becoming of the existance, emerges without any obstacle . – Cristina Petrelli –
I don′t know and I don′t want to know isn′t just an answer, it′s also a provocation, an attitude and, after all, a kind of agnosticism, that about art we could say cultural. It is a way to face the great questions about mankind: where do we come from? Where do we go? Why sorrow? Why baked potatoes are never enough?
An answer which is often convenient, sometimes upsetting. It expresses the will of ignorance, that is very far from the Socratic statement following which, the real wise man is the one who knows he doesn′t know. There isn′t any will for knowledge, no curiosity, only detachment and indifference.
This sentence is often made in front of an art proposal and it hurts a little. The one who says it may seem a bit out of the time, but he really is often one of the not too much silent majority.
It would now be legitimate to answer the question: why such a title for a program of expositions?
The answer is already in the title, after all.