Tony Scott, leggenda del clarinetto

 Tony Scott, leggenda del clarinetto
Debutta al Festival internazionale di Locarno il film che il regista palermitano Franco Maresco ha dedicato al leggendario musicista, compositore e direttore d′orchestra, definito ″il più bianco dei neri″.

 E′ un commosso ricordo al più grande clarinettista del jazz moderno, nato negli States da genitori siciliani. Maresco ripercorre le tappe salienti della sua carriera artistica, dai primi anni della Juilliard School alle performances con le più grandi stelle del jazz come Charlie Parker, Billie Holiday , Dizzie Gillespie, Lester Young, Ben Webster, Duke Ellington e molti altri. Un′anima vagabonda quella di Tony, che in realtà si chiamava Anthony Sciacca. Al culmine del successo lascia l′America e va in Oriente dove inventa la World-music. E quando giunge in Italia negli anni ′60, comincia il suo declino. Muore nel 2007 in un paese che non lo ha mai riconosciuto come il grande artista che era. E′ sepolto a Salemi, la terra dei suoi genitori nella tomba di un lontano parente in attesa che le istituzioni diano adeguata sepoltura al loro grande concittadino.

A tre anni dalla scomparsa di Tony Scott, debutta il film che il regista Franco Maresco ha dedicato al più grande clarinettista del Jazz. Il film, prodotto da Cinico Cinema, Rai Cinema e dalla Film Commission Sicilia, sarà presentato fuori concorso al Festival di Locarno l′11 agosto. ″Io sono Tony Scott, ovvero come l′Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz″, prodotto da Giuseppe Bisso, con la sceneggiatura dello stesso Maresco e di Claudia Uzzo è stato realizzato in tre anni  e racconta la vita del clarinettista siculo-americano Anthony Joseph Sciacca, divenuto alla fine degli anni ′40 Tony Scott, il più grande clarinettista del jazz moderno. Ripercorrere la vicenda  musicale e personale di Tony significa raccontare sessant′anni di jazz, di incontri umani e artistici incredibili, ma anche, nello stesso tempo, la storia americana della seconda metà del secolo scorso, con le sue battaglie per i diritti civili e umani, di cui Tony Scott fu uno dei principali e appassionati sostenitori.
Maresco lo fa avvalendosi di belle immagini provenienti dagli archivi cinematografici di tutto il  mondo compresi quelli italiani dell′Istituto Luce e degli archivi Rai. E′ un viaggio nel passato e nel presente, arricchito dalla presenza di tanti contributi esterni. Al film hanno preso parte oltre cento testimoni, tra parenti, amici, musicisti e critici. Tra questi: Ira Gitler, Gunther Schuller, Enrico Rava, Glenn Ferris, Louis Porter, Buddy DeFranco, Bill Taylor, Gay Talese, Marcello Rosa, Mario Rusca, Stefano Zenni, Adriano Mazzoletti, Tony Arco, Dick Katz, Joe Lovano, Franco D′Andrea, Taylor Atkins, Fran Attaway – prima moglie di Tony -, Pauline Wong – seconda moglie -, Monica e Nina Sciacca- figlie di Tony -, Mauro Verrone, Sandro Cerino, Gabriele Mirabassi, Mauro Negri, Paolo Tomelleri, Gianni Gebbia, Mario Raja, Filippo Bianchi, Luigi Onori, Gianni Gualberto, Eddie Gomez, Hank Jones, Lino Patruno, Cinzia Bastianon – terza moglie di Tony -, Ed Schuller, Salvatore Bonafede.
Quella di Scott è una storia incredibile, caratterizzata da una parabola ascendente fintanto che l′artista si trova negli States. Tony fu sempre in prima linea contro ogni forma di discriminazione, politica o etnica, perché sapeva bene che cosa significa essere emarginati in un paese straniero. Era nato nel 1921 nel New Jersey, da genitori siciliani arrivati in America da Salemi – Trapani – all′inizio del Novecento e aveva vissuto sulla propria pelle l′umiliazione di essere definito un dago , un italiano secondo la definizione razzista che ne davano gli americani. E come lui tanti altri erano chiamati mafiosi, molti italiani che sarebbero diventati grandi del jazz: Nick La Rocca, Eddie Lang – Salvatore Massaro -, Joe Venuti, Louis Prima, Tony Parenti, Frankie Laine – Francesco Lo Vecchio -, Frank Rosolino, George Wallington – Giacinto Figlia – e tanti altri.
La palestra di casa. La musica Tony la impara dallo zio, musicista in una banda di paese. Successivamente si forma alla celebre Juilliard School di New York, vera e propria scuola di talenti artistici. Ma è sulla Cinquantaduesima Strada che il genio artistico di Scott viene alla luce. E′ lì che Scott si forma, durante le jam-session con Charlie Mingus e Dizzy Gillespie. Del ′43 è l′incontro che gli cambia la vita, con Charlie Parker. Tony è uno dei pochissimi bianchi ammesso alla corte di Parker. ″Can I play with you?″, chiese un giorno Parker ad uno stupefatto Scott. Per Tony fu l′inizio di una grande ascesa professionale.
Tony, musicista completo. Tony Scott è stato, insieme a Buddy DeFranco, il primo clarinettista a suonare il be-bop su uno strumento che sembrava inadatto per parlare la lingua di Charlie Parker. Pochi anni dopo, ai nomi di Tony e Buddy si aggiungerà quello di Jimmi Giuffrè, guarda caso anche lui italiano – siciliano come Tony -. Naturalmente non è un caso se gli italiani sono stati i principali clarinettisti nel jazz moderno, e anche di questo il film parla. Ma Tony, a differenza degli altri clarinettisti, andò oltre uno stile – il be-bop – o un genere, col tempo divenne un musicista ″Totale″, un visionario che anticipò di anni linguaggi e tendenze, come per esempio la musica atonale e quella elettronica. Negli anni Cinquanta la sua attività fu incredibile, suonando il jazz tradizionale e quello più all′avanguardia – la Third Stream con John Lewis e Gunther Schuller -, componendo e arrangiando per la sua grande amica Billie Holiday – Lady sing the blues oppure la splendida Misery -.
Bill Evans. il film racconta, con testimonianze di protagonisti di allora, che Tony fu il musicista più decisivo a portare Bill Evans nel jazz, facendogli incidere alcuni dei suoi primissimi dischi. E Bill gli fu sempre affezionato, come testimonia Eddie Gomez.
Harry Belafonte. Quanti sanno che Banana Boat, una delle più celebri canzoni del pianeta, fu l′arrangiamento di un canto di lavoro giamaicano scritto proprio da Tony Scott? Il celebre inizio Day-o fu una sua invenzione. Tony per decenni sostenne di essere stato defraudato dei diritti che gli spettavano, ma in realtà questa storia fu una delle tante ossessioni che con il trascorrere del tempo caratterizzeranno il Tony Scott della vecchiaia.
La World Music. Tony Scott alla fine degli anni Cinquanta lasciò gli Stati Uniti e andò a vivere in Oriente per cinque anni, tra Giappone, Indonesia e Thailandia. Qui mise a punto forse il primo vero esempio di World Music, di fusione di musica tradizionale orientale e improvvisazione. Il suo fu un contributo innovativo perché i musicisti di Koto, per esempio, non praticavano l′improvvisazione, che consideravano quasi un tabù. Nel 1964, Tony registrò Music For Zen Meditation. Uno dei dischi fondamentali degli anni Sessanta, che ha influenzato intere generazioni di musicisti.
Il regista. ″Dei tanti sbagli che Tony Scott fece nella sua vita – dice il regista Franco Maresco, che con quest′opera palesa il suo grande amore per il jazz – il più grave fu senza dubbio quello di stabilirsi in Italia alla fine degli anni Sessanta. L′Italia con Tony dimostrerà di essere il paese incivile e imbarbarito che tutto il  mondo conosce. Certo Tony Scott fu un uomo tutt′altro che facile, soprattutto negli anni della maturità, ma il paese in cui erano nati i suoi genitori non lo capì, non ne capì la grandezza, o forse la capì e proprio per questo lo emarginò. A parte pochi amici che lo sostennero fino alla fine, per il resto col tempo si ridusse a suonare in giri che non erano certo alla sua altezza, senza che le istituzioni e i grandi festival lo invitassero mai a esibirsi sui loro palcoscenici. Il film racconta, per esempio, che nei militanti anni Settanta Tony fu visto dai musicisti dell′avanguardia di allora addirittura come un fascista, semplicemente perché vestiva di nero e aveva un quartetto con Romano Mussolini. Così, capitava che a un concerto il pubblico scattava sull′attenti, facendo schioccare i tacchi. Ci sarebbe da ridere se non fossimo già impegnati a piangere. Nella parabola discendente, anche un film con Piero Chiambretti. Ecco, seguendo Tony Scott, raccontiamo gli ultimi trent′anni di vita italiana. Uno peggiore dell′altro, fino alla deriva attuale. Tony Scott è la metafora della morte dell′arte. Lui amò veramente il jazz, più di quanto si possa immaginare. Per il jazz rinunciò ad arricchirsi, a diventare miliardario. Ma questo non è un film sul jazz ma un film sul personaggio, che permette allo spettatore di entrare nel vivo del musicista. Lo spettatore finisce per immedesimarsi in Tony Scott. Il grande clarinettista  muore dimenticato da tutti nel 2007, a 86 anni, in un paese che non lo ha mai riconosciuto come il grande artista che era.″

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Io sono Tony Scott, ovvero come l′Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz.
Nazione: Italia
Anno: 2010
Genere: Documentario
Durata: 128′
Regia: Franco Maresco
Produzione: Cinico Cinema, Rai Cinema, Film Commission Sicilia  
Data di uscita: 11 agosto 2010 ore 14.00 Palavideo – Festival Locarno –
Replica:  12 agosto 2010 ore 11.00 Palavideo – Festival di Locarno –