Eclettica_Me – Debora Pluchino – Palazzo Nicolaci di Villadorata – Noto

Debora Pluchino, il libero volo dell’arte dal sogno al colore


Combinazioni di fondi astratti e corpi, catturati da sculture o fotografie, nelle opere dell’ingegnere-artista catanese in mostra per tutto novembre nei bassi di Palazzo Nicolaci di Villadorata a Noto, nell’ambito della rassegna “Percorsi di NOTOrietà

Eclettica_Me” è la personale di Debora Pluchino, a cura di Vincenzo Medica, in mostra ai Bassi di Palazzo Nicolaci, a Noto, fino al 30 novembre (ingresso libero, tutti i giorni dalle 10 alle 14 e dalle 15 alle 18, nell’ambito della rassegna “Percorsi di NOTOrietà”, patrocinata dal Comune di Noto e organizzata dallo Studio Barnum contemporary). Venticinque opere che, nel solco puro e libero del senso artistico, sono espressioni di colori, soprattutto, e forme senza una sequenza logica. Ma la traccia dietro, c’è ed è una sfida lanciata all’osservatore, saperla individuare.

Debora Pluchino, catanese di nascita, ingegnere di formazione, sembra aver voluto giocare col proprio cervello: negli anni dell’università e in quelli della professione, ha azionato l’emisfero sinistro, e dopo, invece, è andata giù con quello destro. Logica contro creatività. Ed è stata una valanga di istinto sulla razionalità, almeno da quando ha incontrato Enzo Rovella, pittore affermato, che l’ha aiutata a riaprire quello spazio e quel tempo che già da piccola aveva dedicato al disegno. «Dal 2015 dipingo senza sosta, ispirata alla natura umana – dice Debora -. Cerco combinazioni di fondi astratti e corpi, catturati da sculture o da immagini fotografiche. Un uso della figura umana, parziale o svuotata, volto a focalizzare l’aspetto espressivo dell’animo. A volte è una postura, a volte uno sguardo, a volte un corpo e basta… involucro di ciò che realmente siamo».

C’è il sogno, che invisibilmente lega ogni sua espressione artistica attraverso il colore, visibilissimo invece, che usa come parola per definire un certo stato d’animo. E ci sono i luoghi, dove la sua anima si posa. Ma non c’è un colore in legenda uguale per sempre. Come non c’è un inizio e nemmeno una fine, in questo invito espositivo, che non è affatto un percorso, ma solo un’occasione di domanda. Come “Non sei solo”, la tela di quel che può sembrare un bambino che scruta da dietro le listelle, abbassate con tre dita della mano destra: e se fossi proprio tu, a esserti dimenticato di me? Oppure “Qam Pachamama”, il volto di Madre Terra, che guarda e sembra chiedere: e tu, cosa stai facendo per non maltrattarmi? Questa tela in particolare meriterebbe maggiore attenzione, ed è straordinaria la tecnica utilizzata e l’intensità dello sguardo, penetrante e commovente, di nostra madre dimenticata.

«Parto da foto o da sensazioni, anche da odori, e li trasformo in un’immagine», che può avere più d’una interpretazione, nonostante il testo-guida dell’autrice, come appunto “Non sei solo”. Ecco dunque il libero volo dell’arte vera, assolutamente eclettica, in un contesto, come i magazzini bassi di Palazzo Nicolaci, che esaltano in una nicchia di valore questi preziosi dipinti, ancora poco conosciuti.